Aiuto Pubblico allo sviluppo e debito

L’aiuto crea e cancella il debito


Ufficio Policy Focsiv – Nell’ambito della nuova Campagna del Giubileo sul debito “Cambiare la rotta” (
CAMBIARE la ROTTA)  e in linea con la Campagna 070 (Campagna 070) e il progetto Generazione Cooperazione, presentiamo qui una breve riflessione su come l’aiuto pubblico allo sviluppo da un lato possa portare alla creazione del debito dei paesi impoveriti e dall’altro venga costretto a riconoscere in diversi casi l’impossibilità di questi paesi di rimborsarlo e quindi a cancellarlo, condonarlo, o ristrutturarlo.

Forse pochi sanno che il debito dei paesi impoveriti verso lo Stato italiano deriva dall’aiuto pubblico allo sviluppo, ovvero dalla cooperazione allo sviluppo italiana.

L’aiuto pubblico allo sviluppo è composto infatti da doni ma anche dai cosiddetti crediti di aiuto, che sono prestiti. Prestiti di denaro, in euro ma anche in dollari, che lo Stato italiano fa agli Stati impoveriti, africani o latinoamericani e asiatici. Sono presti agevolati e cioè a condizioni migliori di quelle che si trovano nel mercato dei capitali. Per questo si chiamano crediti di aiuto.

I tassi di interesse, i periodi di rimborso del capitale prestato, la durata del prestito, concessi dallo Stato italiano (così come da tutti i Paesi che prestano l’aiuto allo sviluppo, i cosiddetti paesi donatori) sono migliori dei prestiti che gli Stati dei paesi impoveriti possono avere dalle banche private e pubbliche, oppure dei prestiti che potrebbero avere attraverso l’emissione di titoli di debito (quelli che in Italia sono conosciuti come BOT, buoni del tesoro, ad esempio).

 I tassi di interesse sono bassi (non superano in genere il 2%), il prestito va restituito in tempi lunghi (oltre i 20 anni), per i primi 5 anni non si devono pagare le rate di rimborso (sono i cosiddetti periodi di grazia).

Quanti sono i crediti di aiuto italiano ai paesi in via di sviluppo?


Grafico da rapporto NEXT COOPERATION 24. Sul futuro delle politiche di cooperazione allo sviluppo | CeSPI, realizzato nell’ambito del progetto Generazione Cooperazione

Insomma fin qui tutto bene: è difficile che i crediti di aiuto possano generare debito. Ma purtroppo non è così.

Anche i crediti di aiuto hanno generato e continuano a generare debito dei paesi poveri. Perché? Sono diversi i motivi. Innanzitutto perché il credito viene dato in euro o dollari. Queste valute solitamente costano sempre di più per il paese indebitato perché nel tempo si sopravalutano rispetto alla moneta locale. Acquistare euro o dollari per il rimborso del debito, costa sempre di più con la svalutazione della moneta locale.  Il debito aumenta.

Secondo, le situazioni cambiano, alcuni paesi indebitati sono coinvolti in guerre, direttamente o indirettamente (si pensi agli effetti internazionali della guerra russa con l‘ucraina: l’incremento dei prezzi di energia e dei beni alimentari ha ridotto le capacità dei paesi poveri di pagare il debito), o subiscono catastrofi naturali per cui le risorse che potevano essere dedicate al rimborso del debito vengono usate per interventi umanitari fondamentali. Ma può, purtroppo, accadere anche il contrario: per pagare il debito si riducono spese sociali e ambientali fondamentali, mentre comunque si riduce la capacità di rimborsare il debito. D’altra parte, al di là di eventi eccezionali (ma purtroppo sempre più frequenti), le condizioni economiche e finanziarie generali di un paese impoverito possono peggiorare tanto da metterlo in difficoltà nel rimborsare i debiti.

Terzo, la concorrenza con altri debiti: può accedere che il paese impoverito abbia contemporaneamente diversi debiti, anche con banche private, le quali non sono disponibili a rinegoziare i termini dei loro crediti. Di conseguenza il paese per pagare il debito con i privati si trova in difficoltà nel rimborsare il debito verso gli Stati creditori, a cui chiede una rinegoziazione o la cancellazione.

Quarto, accade che alcuni governi poco responsabili o addirittura corrotti non impieghino i prestiti in operazioni che possono generare redditi tali da poter ripagare il debito, mettendo in crisi finanziaria il loro paese. Di conseguenza i governi successivi si trovano nelle condizioni di dover chiedere una cancellazione o ristrutturazione del debtio.

I crediti di aiuto possono dunque generare debito. Un debito che però lo stesso aiuto allo sviluppo può cancellare o ristrutturare. Quando il debito di alcuni paesi impoveriti, dopo anni di ritardo e difficoltà nei rimborsi, diventa praticamente impagabile, non rimborsabile, insostenibile, lo Stato italiano (grazie alla legge n.209 del 25 luglio 2020, nata proprio con il Giubileo dello stesso anno!) può decidere di cancellarlo o di riformulare le sue condizioni, ristrutturalo, venendo incontro alle esigenze dei paesi indebitati.

L’operazione più radicale è quella di cancellare il debito (vedi il grafico). Altrimenti possono essere rinegoziate le condizioni del debito e modificata la sua struttura, come nel caso degli swap debito per sviluppo.

La cancellazione del debito viene contabilizzata come aiuto allo sviluppo: non si tratta di doni che vanno al paese impoverito, ma di un condono. Il paese non deve più rimborsare il debito, non deve ripagarlo, e questo rappresenta comunque un sollievo per le casse di Stato.

Quali sono stati i debiti cancellati dallo Stato italiano?

Grafico da rapporto NEXT COOPERATION 24. Sul futuro delle politiche di cooperazione allo sviluppo | CeSPI, realizzato nell’ambito del progetto Generazione Cooperazione

Le ristrutturazioni del tipo swap/scambio debito per sviluppo sono operazioni finanziarie per cui il debito non viene più rimborsato al paese prestatore ma viene riconvertito in un fondo in moneta locale da usare per investire nello sviluppo nazionale.

Infine, risulta evidente come la scelta migliore sia usare il dono come aiuto allo sviluppo soprattutto nel caso dei paesi più deboli e fragili, evitando il ricorso ai prestiti. Per questo le Nazioni Unite stanno promuovendo l’uso dell’aiuto verso questi paesi con i doni oppure con prestiti ma molto agevolati, e con clausole che consentano di ristrutturare il debito quando ad esempio accadono catastrofi che riducono la capacità di rimborso di questi paesi.

Per questo la campagna chiede da un lato di cancellare il debito dei paesi impoveriti e dall’altro di aumentare l’aiuto pubblico allo sviluppo verso l’impegno dello 0,7% del reddito nazionale lordo, come sollecitato da oltre 50 anni dalle Nazioni Unite, nel quadro di una riforma dell’architettura finanziaria.

Fonte immagine Aid and debt justice - Global Justice Now Global Justice Now