In un mondo instabile ristagna l’aiuto pubblico allo sviluppo

Mentre l’instabilità mondiale cresce, il 2023 ha segnato un momento di relativa stagnazione nella cooperazione internazionale: è quanto emerge dai dati preliminari rilasciati dal Comitato dei donatori dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Globalmente l’aiuto pubblico allo sviluppo (Aps) è rimasto inalterato rispetto al 2022. Nonostante un trascurabile aumento in termini assoluti (+1,8%), in rapporto al reddito nazionale lordo non ha subito alcuna variazione, rimanendo fermo allo 0,37%. Una percentuale ancora lontana dall’obiettivo dello 0,70% stabilito dall’Agenda Onu per il 2030. 
Nei paesi donatori l’Aps ha raggiunto i 214,4 miliardi di dollari, a prezzi costanti, ovvero circa 4 miliardi in più rispetto all’anno precedente. Ha registrato quindi un aumento molto contenuto, pari all’1,8%.
Sono gli Stati Uniti a riportare le risorse più consistenti per l’Aps: circa 66 miliardi di dollari (ma pari a solo lo 0,24% del reddito nazionale lordo). Seguono Germania e Giappone con rispettivamente 36,7 e 19,6 miliardi. Ma solo 5 sono i paesi che hanno già superato la soglia dello 0,70% sul reddito nazionale lordo: Norvegia, Lussemburgo, Svezia, Germania e Danimarca.
Su 31 paesi, l’Italia è al ventunesimo posto
L’Aps bilaterale dei paesi donatori è diminuito, da 14,45 a 13,51 miliardi di dollari a prezzi costanti (-6,5% rispetto al 2022). Mentre è aumentato leggermente quello multilaterale (+4,8%, passando da meno di 50 a oltre 52 miliardi).
In particolare i costi di accoglienza dei rifugiati hanno mantenuto un’entità importante, sfiorando i 31 miliardi di dollari. Ovvero il 13,8% del totale.
Tra i paesi con le quote più elevate di aiuto gonfiato (i costi di accoglienza non dovrebbero essere conteggiati come aiuto, non essendo spesi nei paesi in via di sviluppo) di questi costi vi è l’Italia, al settimo posto, con il 26,8%. 
Si veda l’articolo di Openpolis