Quale futuro della Cooperazione italiana allo sviluppo?

Seminario 5 dicembre

Il futuro della politica di cooperazione italiana continua ad essere incerto a causa dei vincoli di bilancio e di una ancora debole volontà politica diffusa, a cui si accompagna una scarsa conoscenza e consapevolezza dell’opinione pubblica. D‘altra parte è evidente l’importanza politica della cooperazione allo sviluppo per affrontare le crisi in atto e future, nel Mediterraneo e in Africa, dove l’Italia è coinvolta.  Per questo è necessario nutrire il dibattito politico e di opinione, e vincolare il governo a investire lo 0,7% del reddito nazionale lordo nell’aiuto pubblico allo sviluppo come richiesto dalla campagna 070.

Queste le principali questioni emerse il 5 dicembre a Roma, presso l’Istituto Affari Internazionali, dove vi è stata un importante seminario sul futuro della cooperazione italiana che ha coinvolto diversi protagonisti politici, tra cui il viceministro degli Affari Esteri Edmondo Cirielli di Fratelli d’Italia, la presidente Commissione degli Affari Esteri del Senato Stefania Craxi di Forza Italia, l’onorevole Alessandro Alfieri del Partito Democratico, il professore di scienze politiche dell’Università di Siena Pierangelo Isernia che ha presentato una indagine sulla percezione della cooperazione allo sviluppo da parte dell’opinione pubblica e la portavoce della Campagna 070 Ivana Borsotto, il portavoce della rete CINI Raffaele Salinari, di AOI Francesco Petrelli, e Emilio Ciarlo dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. 

Lo scopo era quello di discutere sul ruolo politico della cooperazione allo sviluppo alla luce delle innumerevoli crisi a livello globale (climatica, sanitaria, di sicurezza, alimentare) che hanno un impatto drammatico nei paesi in via di sviluppo e dell’impegno, sempre più ostico, dell’Italia di destinare lo 0,70% del suo Reddito Nazionale Lordo all’Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS) insieme agli altri paesi OCSE, adempiendo gli obiettivi previsti nell’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile. 

Il primo intervento è stato del viceministro Cirielli il quale ha affermato di voler realizzare gli obiettivi dell’Agenda 2030 considerando grandi problemi di disuguaglianze e ambientali. “Per affrontare efficacemente le conseguenze date dalla pandemia e dall’attuale guerra in Ucraina è necessaria una presenza più massiccia dell’Unione Europa nella cooperazione” ha dichiarato il viceministro della Farnesina, ricordando che molti paesi rischiano di essere lasciati indietro come la Moldavia, un piccolo paese, sotto ricatto della Russia, che sta dimostrando la sua solidarietà nell’accoglienza dei rifugiati ucraini. Riguardo la cooperazione nostrana, Cirelli ha esaltato il ruolo dell’Italia definendolo scevro da doppi fini, elogiandone l’atteggiamento di dono, la cooperazione “etica a tutto tondo”, la tradizione di spirito cooperativo e la mancanza di velleità politiche imperiali che caratterizzano altri paesi europei. 

Inoltre, ha esortato l’importanza di rafforzare i legami coi paesi partner, in Africa, in particolar modo nell’area del Sahel ove i leader si preoccupano per l’aumento demografico esponenziale, in Asia Centrale, Caucaso e Mediterraneo.  In aggiunta ha sottolineato il tema dell’istruzione poiché ritenuto essenziale per lo sviluppo dei paesi meno avanzati. 

Infine, il viceministro ha assicurato che “non si vuole fuggire dall’obiettivo 0,70 ma c’è bisogno di una buona economia, una nazione forte si può permettere maggior welfare e può garantire sostegno alla cooperazione internazionale, così come per l’accoglienza dei migranti che fuggono da guerra e fame, e che muoiono lungo le rotte dei deserti. L’Italia deve fare la sua parte per raggiungere lo 0,7% entro il 2030, e diventare forte economicamente. È importante sensibilizzare l’opinione pubblica e fare breccia sui giovani che sono il futuro, con il concetto di cittadinanza globale”. 

Anche l’onorevole Stefania Craxi ha espresso l’esigenza di accrescere la consapevolezza dell’importanza della cooperazione tra i cittadini e la classe politica, non farlo significa lasciare spazio in Africa e in Medioriente ad altri paesi come la Turchia e la Cina. “La cooperazione non è una scienza esatta, è un investimento che non sempre paga subito, e questo non è ancora ben inteso”. Tra le proposte della presidente della Commissione Affari Esteri del Senato vi è la riforma del Patto di Stabilità e Crescita con l’Unione Europea per scorporare l’APS dal rapporto deficit/PIL, e di impiegare in modo coerente le risorse disponibili attraverso progetti mirati ed efficaci in alcune aree, che la Craxi ha definito “Mediterraneo profondo”, comprendendo il Nord Africa, il Sahel, Medioriente e Balcani. 

Riguardo il tema della sensibilizzazione dell’opinione pubblica, l’intervento successivo del professore Pierangelo Isernia ha illustrato i risultati del sondaggio sulla conoscenza della cooperazione italiana. Quello che ne è emerso non è un quadro positivo: la grande maggioranza della cittadinanza italiana è ignorante sul tema della cooperazione e sembra non sia neanche interessata a saperne qualcosa (vedi: Conoscere di più la cooperazione allo sviluppo – FOCSIV); non è cambiato molto rispetto a trenta anni fa. “Se si vuole migliorare la situazione c’è bisogno che i politici si interessino della politica di cooperazione coinvolgendo i cittadini, promuovendone la consapevolezza”, ha concluso il professore. 

Questa preoccupazione della scarsa conoscenza dell’opinione pubblica italiana sui temi della cooperazione è stata avvertita anche dalla presidente FOCSIV Ivana Borsotto e portavoce della campagna “070” finalizzata a raggiungere l’obiettivo dello 0,7% di RNL destinato alla cooperazione. La Borsotto ha fatto notare che la campagna nasce dalla fiducia nelle istituzioni, “non si vuole criticare il paese ma si vuole rafforzare l’opinione pubblica nazionale in merito alla necessità di dotarsi di una forte politica di cooperazione”. È da 50 anni che l’Italia insieme con altri paesi OCSE si è prefissata l’obiettivo di destinare lo 0,7% del proprio Reddito Nazionale Lordo all’APS, ma non ci si è mai lontanamente avvicinati a tale cifra. La presidente ha ricordato l’andamento altalenate dal 2012 al 2017 e il crollo della percentuale nel 2020, a causa della pandemia, che ha raggiunto il suo minimo storico di 0,25%. Attualmente la percentuale è salita al 0,29% determinata da vaccini, contributi contro pandemia e rendicontazione dei rifugiati. 

Inoltre, la Borsotto ha ribadito l’importanza della cooperazione internazionale nel quadro della politica estera, la quale deve andare oltre la diplomazia e i trattati tra stati; la cooperazione è indispensabile per risolvere i problemi di un mondo che è sempre più interconnesso e globalizzato “i problemi di uno sono in realtà i problemi di tutti”. La cooperazione deve diminuire le asimmetrie e le disuguaglianze detonatrici di conflitti. “Non bisogna costruire muri ma ponti e aratri” ha ribadito la presidente parafrasando Papa Francesco. “Cooperazione è istruzione, sanità, agricoltura, dialogo interculturale e interreligioso fatto attraverso progetti di partenariato. Non deve essere solo un mero dono verticale che crea dipendenza ma deve essere orizzontale e proiettato alla costruzione di un interesse comune”. 

La presidente ha esortato di trasformare la politica dell’impegno preso in pratica quotidiana, per questo c’è sempre più bisogno di mobilitare la cittadinanza in tutti i territori per sensibilizzare su questi temi e dialogare anche con coloro che sono ostili. Infine, la Borsotto ha espresso la sua preoccupazione ai membri della maggioranza di governo per la legge di bilancio esortandoli, nonostante le attuali difficoltà finanziarie, a rispettare gli impegni presi e di non diminuire i fondi destinati alla cooperazione, chiedendo al viceministro di sostenere in parlamento una norma che vincoli il paese a raggiungere l’obiettivo dello 0,70% entro il 2030.