I bilanci e la trasparenza nel settore della cooperazione

Le organizzazioni della società civile che si occupano di cooperazione vivono sia di contributi pubblici che privati

Come accade ormai puntualmente da diversi anni, anche nel 2023 Open Cooperazione ha pubblicato i dati 2021 relativi ai bilanci, le donazioni, le risorse umane e i progetti delle 116 organizzazioni della società civile (Osc) che hanno partecipato a questa operazione di trasparenza.

Non trattandosi in alcun modo di un obbligo ma di una scelta completamente volontaria non ci si può aspettare che il quadro fornito sia completo al 100%. Ma tutte le maggiori Osc italiane impegnate in attività di cooperazione allo sviluppo e solidarietà internazionale italiane partecipano a questa operazione. I dati disponibili dunque forniscono un quadro ampio e significativo delle organizzazioni che quotidianamente operano nel settore della cooperazione allo sviluppo. Una realtà variegata fatta di piccole e grandi organizzazioni, ciascuna con la propria storia e le proprie specificità.

Il bilancio economico delle Osc
Complessivamente il bilancio economico delle 116 organizzazioni che hanno rilasciato a Open Cooperazione i dati sul 2021 supera il miliardo di euro.
Un importo considerevole che nel tempo è aumentato costantemente (+9,8% rispetto all’anno precedente). A crescere sono state soprattutto le grandi organizzazioni. Questo sia perché ereditano una dote di credibilità maturata in tanti anni di lavoro sul campo sia perché maggiormente strutturate e in grado di competere nei bandi e le raccolte fondi. Hanno invece faticato maggiormente le realtà più piccole.

Cresce il bilancio economico delle Osc italiane
Il bilancio economico delle organizzazioni della società civile che hanno rilasciato i dati su Open cooperazione per tutti gli anni di riferimento.

D’altronde negli ultimi anni, in particolare dal 2018, si è scatenata contro questo settore una vera e propria campagna di criminalizzazione e delegittimazione.

Le Ong e la propaganda sulla pelle dei migranti.

Una campagna pericolosa se si considera l’importanza di queste realtà sia per il settore italiano della cooperazione allo sviluppo, sia per i tanti progetti che il terzo settore porta avanti in Italia, contribuendo al welfare del paese. Parliamo di iniziative di lotta alla povertà e all’esclusione sociale rivolte alle fasce più vulnerabili della popolazione, sia italiana che straniera, all’accoglienza e all’integrazione dei migranti, di contrasto alla dispersione scolastica, di attività di educazione alla cittadinanza globale e della realizzazione di campagne di informazione e sensibilizzazione. 

Da ricordare infine, il contributo dato da molte Osc durante pandemia, grazie al personale volontario, fatto di medici e infermieri, che hanno messo a disposizione delle strutture sanitarie italiane, il proprio patrimonio di esperienze e competenze, maturato nella lotta alle pandemie in tante parti del mondo.

Le fonti di finanziamento
Nonostante questa campagna di delegittimazione, ancora nel 2021 oltre il 40% delle risorse delle organizzazioni prese in esame derivava da donatori privati. Segno che presso le aziende, le chiese, le fondazioni a soprattutto i semplici cittadini è ancora alta la fiducia e il sostegno che nutrono le organizzazioni della società civile che operano all’estero nella cooperazione allo sviluppo così come sul territorio italiano. La quota più importante di contributo dai privati infatti arriva dal 5×1000 e quindi da una libera scelta dei cittadini contribuenti. Senza un sostegno così ampio la maggior parte di queste organizzazioni non potrebbero svolgere il proprio lavoro.
Molto ampio è poi il quadro dei i donatori pubblici, sia nazionali che internazionali. Questi infatti vanno dalla Commissione europea al sistema delle Nazioni unite, soprattutto attraverso le proprie agenzie operative. Complessivamente i finanziatori più importanti risultano essere il ministero degli esteri e della cooperazione internazionale (Maeci) assieme all’agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics). Anche per questo nelle scorse settimane avevamo considerato allarmante la riduzione di risorse destinate dalla legge di bilancio ad Aics e Maeci per le attività di cooperazione.

È proprio attraverso questo canale infatti che le Osc italiane possono partecipare alla politica di cooperazione italiana che, come stabilito dalla legge, è parte integrante e qualificate della politica estera del nostro paese (legge 125/2014 articolo 1).

Gli uomini e le donne che lavorano nella cooperazione
Nel corso degli ultimi anni le risorse umane (ovvero le donne e gli uomini che lavorano nelle organizzazioni che hanno fornito dati a Open Cooperazione) impiegate in Italia hanno continuato a crescere (+31,7% rispetto all’anno precedente).

Da questo punto di vista è rilevante segnalare come nel settore sia predominante la componente femminile, che nel 2021 supera il 60% del personale impiegato nelle attività in Italia.

63,36% la quota di donne impegnate in Italia nelle organizzazioni che hanno fornito dati a Open Cooperazione.

Tra coloro che lavorano all’estero invece la componente maschile è ancora maggioritaria, ma con valori comunque molto importati dal punto di vista dell’equità di genere (41,6%). D’altronde è bene considerare che una parte considerevole dei lavoratori impiegati all’estero sono assunti tra la popolazione locale e non in tutti i paesi il lavoro femminile è diffuso come in Europa.

La distribuzione di genere tra i lavoratori della cooperazione
Le risorse umane delle organizzazioni aderenti a Open Cooperazione che hanno pubblicato i dati 2021
Per quanto riguarda il personale impiegato all’estero infine, bisogna segnalare un calo del numero di persone impiegate tra 2019 e 2020 (-8,74%). Una tendenza che fortunatamente è tornata a invertirsi nel 2021 riuscendo a recuperare una parte dei posti di lavoro persi durante il primo anno di pandemia.


Gli obblighi di trasparenza
Ma a parte l’iniziativa privata che ha portato molte Osc a rilasciare dati a Open Cooperazione, tutte le organizzazioni del terzo settore sono sottoposte a importanti obblighi di rendicontazione.

Per quanto riguarda i fondi pubblici intanto è bene specificare che questi sono principalmente erogati per lo svolgimento di progetti specifici che rientrano negli obiettivi dell’ente finanziatore. Le organizzazioni che li ricevono dunque sono sottoposte a stringenti obblighi di rendicontazione stabiliti dal donatore.

Le Osc che ricevono finanziamenti pubblici per perseguire progetti specifici devono rendicontarne l’implementazione.

Nel caso dei fondi erogati dall’agenzia per la cooperazione allo sviluppo (Aics) ad esempio, i finanziamenti alle Osc sono garantiti da polizze fidejussorie e i rendiconti sono accompagnati da audit di revisori esterni indipendenti e da una valutazione finale effettuata da professionisti esterni. La stessa cosa vale per i finanziamenti dell’Unione Europea che sono regolati dal Prag, le procedure di gestione finanziaria delle sovvenzioni dell’Ue che prevedono specifiche regole anche sulle modalità di effettuazione degli acquisti di beni e servizi. Anche gli enti locali italiani che concedono contributi alle Osc richiedono rendiconti comprensivi di documenti  giustificativi di tutti le somme erogate. In tutti i casi in sostanza le organizzazioni devono rendicontare l’implementazione dei progetti secondo gli standard definiti dal donatore.

Naturalmente anche le donazioni private sono sottoposte a obblighi di trasparenza. Le somme ricevute attraverso il 5×1000 ad esempio devono essere rendicontate presso il ministero del lavoro. Le fondazioni filantropiche e le chiese richiedono un livello di rendiconto dei contributi erogati alle Osc molto simile a quello previsto dai donatori pubblici e in diversi casi anche un audit di revisori esterni indipendenti. Le donazioni delle aziende invece sono assimilabili alle donazioni da privati e sono soggette a regole di rendicontazione concordate con la singola organizzazione.

In aggiunta esistono controlli non legati a specifici finanziamenti ricevuti o progetti finanziati, in larga misura stabiliti dal Testo unico del terzo settore. Per effetto della riforma del terzo settore poi ogni organizzazione è tenuta a pubblicare sul proprio sito la lista dettagliata dei finanziamenti ricevuti dalla pubblica amministrazione. Infine, le organizzazioni iscritte all’elenco delle organizzazioni della società civile attive nella cooperazione allo sviluppo gestito dall’Aics, devono sottoporre all’agenzia un rapporto annuale dettagliato che viene verificato per rinnovare la propria iscrizione.

L’articolo è stato redatto grazie al progetto “Cooperazione: mettiamola in Agenda!”, finanziato dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. Le opinioni espresse non sono di responsabilità dell’Agenzia.

Qui l'articolo originale sul sito di Openpolis

Foto: Aics – Twitter